La Germania ci sta ricascando?

Source: www.spiegel.de
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Le elezioni federali in Germania del 24 settembre 2017 hanno consegnato un risultato che, benché piuttosto prevedibile, contiene elementi di novità e di autentica rottura per  lo scenario politico tedesco. La riconferma per la quarta volta consecutiva della cancelliera Angela Merkel, seppur indebolitasi, non è rivelatrice di una consultazione elettorale che in realtà ha visto altri protagonisti conseguire risultati densi di significato, in positivo e in negativo. Si potrebbe partire dal momento di difficoltà dei partiti tradizionali, CDU-CSU e SPD, vale a dire i cristiano-democratici e i socialdemocratici, rappresentanti delle ideologie e del patrimonio socio-culturale del ‘900 e di una lunga storia politica che ormai appare consumata. I socialdemocratici, in particolare, conseguendo il loro peggior risultato nella storia delle elezioni tedesche, sono la formazione che soffre di più. Una situazione tipica in tutta Europa da diverso tempo, che sta ad indicare una crisi della sinistra che ha assunto caratteristiche strutturali e assai critiche.

Ma la vera sorpresa è data dal risultato dell’AFD (Alternativa per la Germania), partito nazionalista di ispirazione vagamente neonazista, anti-UE e anti-immigrati, che ha conquistato il 12,6%, corrispondente a quasi 6 milioni di voti. Bisognerebbe leggere con più attenzione la frase precedente. Un partito di ispirazione neonazista con quasi 6 milioni di voti. Potremmo (e dovremmo) preoccuparci, ma non è questo il punto. Il punto è: perché di nuovo? e soprattutto perché in questa Germania, quarta potenza economica mondiale, con disoccupazione al 3,6%, e surplus commerciale record? Sembrerebbe chiaro che la questione non sia di natura economica, ma sarebbe più giusto dire che non lo è ancora, poiché, in fondo, è sempre il raggiungimento e la conservazione di un certo stato di benessere ad animare le azioni degli individui e ad agitarne i sonni.

Nella società attuale, aperta e globalizzata, la minaccia al benessere è chiara ed è rappresentata dallo straniero, dall’immigrato con diverso retroterra culturale che, per sua volontà o per oggettiva difficoltà, non si integra nella società di destinazione. Il miglior esempio, e caso più comune, è il mussulmano nella società occidentale. Questo tema è di centrale importanza nelle istanze politiche dell’AFD, ed è quello che senza dubbio ne motiva il successo. La questione, però, è comprendere quanto questa minaccia sia concreta, e quanto sia una reale possibilità di nocumento alla nostra società. I problemi legati ad una difficile integrazione ci sono, ma sono ben lontani da certe rappresentazioni, e sicuramente non giustificano diffusi allarmismi.

Un pericolo reale però c’è, ed è quello del terrorismo. Il terrorismo è un grande problema della società moderna e globale, perché solo in essa può avvenire: le sparatorie nei luoghi di aggregazione, le bombe piazzate nei non-luoghi della vita quotidiana (le stazioni metro, gli aeroporti). In questo caso ci si può solo difendere, perché un vero nemico da attaccare non c’è: prende molte forme, è sfuggente, è già da noi, siamo noi. La questione è così complessa e delicata che purtroppo si presta a facili strumentalizzazioni e diviene oggetto di riprovevoli battaglie politiche. 

Le inquietudini e la voglia di reagire della società occidentale trovano sbocco in idee populiste e xenofobe, contrarie ai principi umanitari e all’idea di multiculturalismo affermatisi nel secondo dopoguerra, ma sinceramente saldate nelle sfide che caratterizzano il nostro tempo. La Germania, poi, si ritrova ad avere un ruolo anticipatore sui tempi, come d’altronde dimostra la sua storia. Il nazionalismo sempre presente anche se latente; la ricerca di un’unità comunitaria intorno ad una “cultura-guida” (Leitkultur) data da un popolo e non dalla geografia (che per la Germania gioca a sfavore);  il passato nazista e le sue diffuse rappresentazioni nostalgiche spiegano il successo dell’AFD.

Se ne potrà venire fuori? Questa volta la Germania, la parte libera e democratica della Germania, non gioca una partita da sola ma, proprio per via della globalizzazione, l’arena vede in campo numerosi soggetti. Combattere le disuguaglianze globali, superare colonialismi vecchi e nuovi, ridefinire le architetture istituzionali internazionali sono i passi necessari da prendere. Nel frattempo, si consiglia di guardare con attenzione la Germania.

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Il Natale è già una festa laica

Il Natale 2015 sembra essere un Natale diverso. Nei media e per le strade gli argomenti di dibattito sulla festa più importante della cristianità per la prima volta non si limitano ai sempre angoscianti interrogativi su cosa sia meglio regalare a parenti e amici o al classico confronto pandoro – panettone. Questa volta si parla anche di questioni più impegnative, seppure con la sempre immancabile superficialità e sprovvedutezza. 

Quest’anno il Natale 2015 sarà ricordato come il Natale che hanno cercato di cancellare, con duri colpi ai nostri usi e costumi: dal presepe alla recita a scuola. Quest’anno il Natale sarà ricordato per tutti coloro che volevano renderlo laico, che volevano snaturarlo del suo più autentico significato religioso, minando alle nostre più profonde e radicate tradizioni. 

Il casus belli è, chiaramente, quello del Natale “cancellato” a Rozzano, comune alle porte di Milano, dove il preside dell’Istituto comprensivo Garofani ha deciso di rimandare la tradizionale recita dei bambini a dopo le festività e di ribattezzarla in “Festa dell’Inverno”. Un vero sacrilegio. E dopo questo episodio altri ne sono seguiti, come un’invasione barbarica contro i nostri valori. Tanto che si è parlato di Natale come festa laica quasi fosse una bestemmia

Ma è un bene che sia scoppiato il caso. È un bene che si parli di un argomento tanto ignorato e tanto bistrattato in Italia: quello della laicità. E quello, precisamente, della laicità nel giorno del Santo Natale. Quasi un ossimoro, una contraddizione, ma in realtà un’occasione per lanciare una seria riflessione su quanti, per davvero, vivono questa festa in modo religioso. Perché il Natale, per gran parte della popolazione italiana, è già una festa laica. Lo è da quando abbiamo perso l’abitudine di andare in Chiesa il 25 dicembre, da quando la frenesia dei regali ha preso il posto del raccoglimento nel periodo dell’avvento, da quanto abbiamo smesso di pregare la sera della vigilia per giocare a tombola. 

Lo è, in poche parole, da quando il consumismo ha preso il sopravvento sulla fede. Da quando la Coca-Cola ha inventato Babbo Natale così come lo conosciamo e ne ha fatto un personaggio più venerato di Gesù Bambino. Potremmo addirittura dire che il Natale è tornato ad essere una festa pagana, come lo era alle origini. Ma forse è meglio definirlo come una festa laica e secolarizzata per un semplice motivo: perché ognuno lo può festeggiare come vuole. Lo può festeggiare in modo religioso andando in chiesa e pregando o in modo più profano comprando regali e organizzando cenoni. O in entrambi i modi, come forse siamo più abituati a fare. Ed è per questo che il Natale è già una festa laica.

Non solo: il Natale non è l’unica festività religiosa travolta dall’ondata di frivolezza e mondanità. Basti pensare al giorno dell’Assunzione di Maria (Ferragosto) dove normalmente siamo incolonnati in autostrada piuttosto che tra i banchi di una chiesa, o al giorno di Sant’Ambrogio che a Milano viene ricordato più che altro per la prima della Scala. Ecco, la difesa dei canti di Natale o del presepe di fronte a tutto ciò non può che perdere di significato.  

Per tornare al caso di Rozzano, proprio la scuola pubblica, luogo laico per eccellenza, non può essere l’istituzione issata come simbolo del Natale, ultimo bastione della fede. Sarebbe senz’altro un travisamento del ruolo e delle funzioni che la scuola deve svolgere in una società. Nonché un’ammissione di sconfitta degli stessi credenti che camuffano un luogo di formazione e di insegnamento aperto a tutti (art. 34 Cost.), in un luogo di culto destinato ad una parte. Se vogliamo festeggiare il Natale da buoni credenti è meglio farlo nel posto più adatto: in Chiesa. Per chi davvero crede.
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