Impicciamoci dell’impeachement

Cos’è l’impeachment? Perchè se ne parla così tanto? Perché una parola in lingua inglese per indicare qualcosa inerente al nostro ordinamento? Ecco forse è meglio partire da questa ultima domanda.
Ormai è noto l’uso massiccio di vocaboli di lingua inglese nella nostra lingua soprattutto per indicare argomenti e concetti di difficile traduzione, o più immediatamente comprensibili in lingua straniera. Ed ecco ad esempio le parole budget, standard, il concetto di spoil system, per non parlare di tutti i termini per l’informatica come wireless, password, account, download e chi più ne ha più ne metta. Ma questo non è il caso della parola impeachment, che letteralmente significa imputazione, ma che richiama un altro concetto che è quello dell’impeachment negli Stati Uniti, o in generale del mondo anglosassone, un istituto mediante il quale un ufficiale pubblico viene accusato della commissione di atti contrari all’esercizio delle sue funzioni, venendo così rinviato a giudizio.

In Italia si parla di impeachment solo nei confronti del Presidente della Repubblica, riferendosi ad un istituto specifico del nostro ordinamento che è la messa in stato di accusa del Presidente prevista dall’articolo 90 della Costituzione. Articolo che prevede due sole condizioni per l’avvio di questa procedura (la quale è alquanto lunga e complessa): alto tradimento e attentato alla costituzione. Perciò, più che altro per una questione di correttezza giuridica, parlare di impeachment in Italia risulta essere piuttosto inappropriato, più o meno come parlare di premier per indicare il Presidente del Consiglio dei Ministri. Fatta questa precisazione, perché il Presidente della Repubblica è attualmente nell’occhio del ciclone e soggetto all’avvio di una procedura di messa in stato di accusa?

Il polverone è stato sollevato, come prevedibile, dal Movimento 5 Stelle che già da tempo gridava a gran voce l’impeachment, prima ancora di questo piccolo scandalo scoppiato negli ultimi giorni che riguarda l’atteggiamento proprio del Presidente nella torrida estate del 2011 quando il nostro spread viaggiava nella stratosfera. Gli attacchi di Beppe Grillo, in realtà, sono molto più datati e risalgono fin da quando il Movimento del comico non era che una forza politica appena nata. Infatti Napolitano era il “Morfeo” che dormiva al Quirinale e si svegliava solo per firmare leggi vergogna come quella del Lodo Alfano. L’idea vera e propria di impeachment è nata poi quando il Movimento è entrato in Parlamento ed infatti la proposta è partita, come di consueto, dal blog di Grillo in un post dello scorso ottobre a firma di Paolo Becchi, ideologo del movimento a più riprese scaricato e riabilitato dal comico, invece padrone del Movimento. In quell’intervento, nel quale si citava Umberto Eco, veniva sottolineata la natura politica dell’azione di messa in stato di accusa del Presidente con la quale il Parlamento “deve rileggere la Costituzione ad alta voce e di fronte al Paese”. L’accusa principale riguardava il fatto che il Presidente esercitasse in modo non neutro le sue prerogative costituzionali.

È comprensibile come il Movimento 5 stella possa avercela con la figura del Presidente della Repubblica. Trattasi di una carica notoriamente poco democratica in quanto non viene eletto direttamente dai cittadini ma dal Parlamento tramite accordi tra i partiti. Tuttalpiù da quando Napolitano è stato eletto per la seconda volta, questa irruenza nei confronti del Presidente è naturalmente aumentata. Non era mai capitato prima che un Presidente che è già stato al Quirinale per sette anni, venga riconfermato per (teoricamente) un altro mandato. Considerata la durata media dei governi in Italia, quattordici anni al potere una persona sola possono corrispondere ad una anomalia per quanto siamo abituati. Ma questo non avverrà perché Napolitano è troppo vecchio e stanco ed ha accettato un nuovo mandato solo perché emergenziale.
A questo punto ci sarebbe da chiarire il ruolo che in generale il Presidente della Repubblica esercita nel nostro ordinamento. Abbiamo visto nell’ultimo periodo un estremo dilatarsi dei suoi poteri: da mero organo di garanzia costituzionale a organo governante. Questa possibilità corrisponde alla caratteristica a “fisarmonica” del potere del Presidente: si espande quando i partiti e il Parlamento non riescono a dare stabilità al sistema politico; si contrae quando i partiti e i governi sono sufficientemente forti per assicurare questa stabilità.

Perciò risulta essere inutile parlare di non rispetto della neutralità del suo potere, come dice Grillo: il potere è neutro solo se non è necessario intervenire per “salvare” l’Italia, ma non può esserlo se i partiti si ritrovano in seria difficoltà (di autorevolezza esterna e di coesione interna) e anzi essi stessi hanno permesso al Presidente di agire, di formare cioè un governo tecnico prima (quello di Monti) e un governo “del presidente” (quello di Letta) poi, e gli stessi partiti hanno inoltre supplicato Napolitano di rimanere Presidente ancora un altro po’.
L’accusa di complotto ordito da Napolitano nell’estate 2011 contro l’allora governo in carica di Berlusconi è solo una fantasiosa illazione, perché il Presidente, se aveva già contattato il professor Monti, in quel momento ha agito responsabilmente secondo delle sue prerogative, vista l’enorme difficoltà del governo in carica e la possibilità di una caduta di questo da un momento all’altro. D’altronde, lo stesso Beppe Grillo dal suo blog, in un post del 30 luglio, invocava nei confronti del Presidente la nomina di un nuovo governo per uscire dal pantano della crisi economica.

In conclusione, la richiesta del Movimento 5 Stelle di messa in stato di accusa del Presidente è stata archiviata fin da subito per infondatezza, e questo anche i grillini se lo aspettavano. La campagna politica, invece, che stanno conducendo contro la più alta carica dello Stato sembra non accennarsi al termine. Da una parte rientra nella classica azione di protesta contro tutto tutti che conduce il Movimento: Napolitano è parte di un sistema politico marcio, da eradicare. Dall’altra, la contestazione avviene contro la natura stessa della carica di Presidente Presidente della Repubblica, che un populismo esagerato come quello dei 5 Stelle
non può considerare con simpatia.

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